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Il museo aderisce a MI ILLUMINO DI MENO

È difficile immaginare la nostra vita senza l’uso del fuoco: l’illuminazione, la cottura del cibo, la possibilità di riscaldarsi, il suo impiego per uso agricoli e industriali fanno parte delle risorse oggi indispensabili. Ma non tutti sanno che il suo impiego è relativamente recente nella storia dell’uomo paleolitico: la comparsa dell’Uomo (in Africa) è datata a circa 2,5 milioni di anni fa mentre l’utilizzo sistematico del fuoco si data solamente a circa 400 mila anni fa, quando viene acquisita la capacità di accensione volontaria per procurarselo.

L’addomesticazione del fuoco pare essere stata preceduta da una lunga fase di impiego di braci naturali (incendi spontanei, per esempio). Si tratta di una documentazione sporadica che testimonia un uso occasionale, ad esempio, in Kenia ed Etiopia intorno a 1,5-1,3 milioni di anni o in Sudafrica e Zambia intorno a 1,0-0,5 milioni di anni.  Più recenti sono le attestazioni fuori dall’Africa conseguenti alle migrazioni che hanno portato al popolamento umano della terra. La presenza a partire da 400 mila anni fa di focolari e di resti ossei carbonizzati nei siti archeologici di Asia, Africa e Europa, è prova di un uso sistematico del fuoco, possibile grazie all’acquisizione della tecnica di accensione.

Le specie umane del Paleolitico inferiore in possesso di tale capacità (H. ergaster in Africa H. erectus in Asia e H. heidelbergensis in Europa) adottano nuovi comportamenti in molti aspetti della vita quotidiana: dalla organizzazione degli accampamenti e dei bivacchi di caccia, all’alimentazione (con il consumo di cibi cotti che porta a modificazioni nell’apparato masticatorio e digerente), alla tecnica di lavorazione del legno e delle rocce.  Non possiamo inoltre escludere che la presenza di fuochi abbia favorito le relazioni interpersonali e quindi lo sviluppo della comunicazione verbale ed altre capacità cognitive.

La possibilità di produrre calore infine, permise di vivere anche in luoghi a clima rigido.

Nel corso della preistoria il fuoco viene utilizzato per nuovi e numerosi impieghi: fratturazione delle rocce, indurimento delle estremità dei giavellotti in legno, ossidazione dei minerali coloranti, raddrizzamento a caldo di bacchette di corno e osso per ottenere strumenti, cottura superficiale di statuette di argilla.

La padronanza del fuoco aprirà la strada, dopo il Paleolitico ad una serie di lavorazioni che entreranno a far parte dei comportamenti quotidiani quali la produzione della ceramica, la metallurgia, la lavorazione del vetro.

 Focolari

Le testimonianze archeologiche indicano che i focolari per la cottura del cibo si distinguono da quelli per l’illuminazione perchè sono  di piccole dimensioni (quindi non consentono l’illuminazione di ampi spazi) e molto spesso contengono pietrame che, riscaldato dalla fiamma viva, manteneva la temperatura di cottura facendo risparmiare combustibile. Sono numerosi e ben documentati, venivano alimentati con ossa frammentate, oppure con legno, vegetali e arbusti che emanano calore senza fiamma. La scelta di tipi di legno diversi a seconda dell'uso che ne veniva fatto (cottura, illuminazione, affumicatura) denotano nei cacciatori-raccoglitori una grande sapienza ambientale. Negli insediamenti i focolari per l’illuminazione sono molto rari e ciò fa presupporre che la gestione delle attività seguisse i cicli naturali di luce e buio.

Lampade e torce

Il fuoco è stato nella preistoria, e sino ad epoche molto recenti, l’unica fonte di luce.

A partire dalle fasi più recenti del Paleolitico compaiono lampade di pietra e torce. Questo costituisce una tappa importante, in quanto a partire da circa 35 mila anni fa consente ai gruppi di cacciatori-raccoglitori di esplorare le grotte anche in profondità e a notevoli distanze dall’ingresso.

Le lampade provengono soprattutto da contesti abitativi di grotta mentre sono assenti nei siti all’aperto. Sono ottenute da blocchetti di calcare con una piccola concavità naturale oppure ricavata artificialmente per abrasione o scheggiatura, al cui interno veniva posto grasso animale e/o oli vegetali per la combustione. In alcuni casi si sono conservati all’interno delle cavità delle lampade minuscoli residui vegetali che indicano l’impiego di conifere e di ginepro come esca. Alcune lampade sono state decorate, con figure animali o con segni lineari.

 Sulla base di comparazioni etnografiche con gruppi umani di epoca storica o attuali possiamo ipotizzare anche l’utilizzo di lampade ricavate da conchiglie, ossa e legno, materiali deperibili, che non si sono conservati.

Le torce in quanto manufatti vegetali si conservano in casi rari. Allo stato attuale l’uso di torce sarebbe documentato solo dalle tracce di fuliggine sulle pareti in grotte frequentate nel Paleolitico. Prove di archeologia sperimentale indicherebbero il ginepro come vegetale adatto a questo scopo in quanto produce fiamma viva senza fumo.

Al momento non si hanno prove nella preistoria di un significato simbolico attribuito al fuoco; non sappiamo se fosse considerato simbolo della vita contrapposto alle tenebre e alla morte, della natura che dona l’esistenza come sarà in epoche successive.

Lampade e torce non possono essere collegate quindi con certezza ad atteggiamenti di culto ma non possiamo nemmeno dire con sicurezza che la luce fosse considerata solo come un mezzo per vincere il buio. Le grotte sono il luogo in cui vengono realizzate pitture e incisioni, che accolgono cerimonie e riti in cui si realizza un’esperienze multisensoriale, nella quale la luce delle lampade e delle torce ha un ruolo fondamentale come strumento di rivelazione delle immagini.

Cogliamo l'occasione per proporre un approfondimento del professor Fabio Martini sulle prime attestazioni dell'uso dell'illuminazione da parte dell'Uomo, estratto dal catalogo della mostra

«Luci dalle tenebre», l’illuminazione nell’antichità

5 giugno-17 ottobre 2021 Maec, Cortona

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